mercoledì 26 ottobre 2011

Dai dialoghi con un pesce

>)))°> : Perché, quali sono le cose che non hai fatto quando volevi?
gap: Chessò, tipo andare sott'acqua, una macchina fotografica, farmi una camera oscura nel bagno, leggere di più, scrivere, imparare a disegnare, muovermi e ridere tanto. Che a volte mi dimenticavo. Fare progetti assurdi da condividere con persone assurde. Montare sogni. Cose così. Trovare un equilibrio mio tra quel che si deve e quel che si vuole. Ecco. E preparare un tè caldo col rum.

giovedì 20 ottobre 2011

Archeologia da cassettiera

La pioggia cade furiosa dopo mesi di arsura. La terra troppo dura non sa più assorbire e si lascia umiliare da pozzanghere grigie di polvere, grandi come piccoli laghi.
Le clarks sono una pezza da strizzare che mi costringe a cercare un paio di calzini asciutti. Nel disordine del cassetto - ché il gatto Arturo usa ancora aprire e svuotare del troppo per farsi una cuccia di frescolana - inciampo in una vecchia busta stropicciata. Chissà come è finità lì? Forse Arturo voleva qualcosa da leggere o forse il mio congenito disordine.
Sul dorso ritrovo parole vecchie di qualche stagione: un insulso blablabla.
"La compagnia di pochi libri riempie la notte. I volumi abbandonati a casa danno forma alla mia nostalgia: pagine ingiallite, scelte nella polvere delle bancarelle per ingrassare questi giorni secchi e vuoti. Ché senza un muso che mi ride non serve più a niente questa fame di imparare. Di sapere. 
Sono sufficienti poche righe scritte male. E un po' di silenzio. La sola mia ambizione, ormai, è ... [non si legge più!]".
Amo la carta straccia.
Come vecchie lastre di ossa rotte.
O una diagnosi precoce di demenza senile.

martedì 18 ottobre 2011

Ortoconsulenze

La televisione gira a vuoto mentre affetto le verdure. Un rumore di fondo utile solo a coprire la vicina che urla al cane di non abbaiare, il marito che immediatamente le grida di tacere. Alzo ancora un po' il volume, ché non basta il tonfo del coltello sul legno, il croccare del peperone rosso sotto la lama.
Abbocco distrattamente al dr House che zoppica e pontifica: la paziente dorme diciotto ore al giorno. Chissà cosa può essere?
Sorrido sgomento alle melanzane che aspettano allineate di esser modellate in piccoli cubi regolari: ma io che ne dormirei ventiquattro, di ore al giorno, secondo voi devo andare a farmi vedere?

mercoledì 12 ottobre 2011

Primo freddo

L'autunno mi ha preso alle spalle.
Il freddo s'è infilato dalle scarpe di tela ed è salito fino al naso, esplodendo in sequenze sfinite di starnuti. Non è servita a niente la magia della castagna nascosta nella tasca. Che poi, qui, di castagne proprio non ne trovo. Ho provato anche a rubare una manciata di ghiande dai lecci, ma ho ottenuto solo che mi inseguissero i cinghiali.
E poi la fame. Come se il freddo spalancasse la gola e la voglia.
No, tutto questo per dire che stasera vorrei stapparti una bollicina e mangiare il tuo risotto con la zucca. Ecco.  

sabato 8 ottobre 2011

Torino è casa mia

Torno a casa.
Pochi giorni, rubati alle incombenze della mia fuga.
E Torino mi accoglie col suo primo freddo e una luce tagliente che illumina le vie rette, infinite nel sole che acceca. E la gente per strada che sfila nei portici, trasformati in librerie all'aperto, nelle piazze divenute piccoli mercarti di ieri. E mi accolgono gli occhi gentili di chi ha capito il mio andare via e quelli severi e discreti di chi ancora non crede. E ogni sguardo è un giro di bicchieri e racconti sempre più zuppi di vino. Che non basta il telefono o due giri di posta per essere dentro la vita che hai abbandonato.
Ma è bello tornare e sapere che niente è cambiato.
Prima di andar via di nuovo.

mercoledì 5 ottobre 2011

Economia domestica

Mi piace, dell'uva, raccogliere gli acini caduti, abbandonati dal grappolo sul fondo del cesto della frutta.
Mi commuove l'abbandono, come raccogliere una dolcezza declinata al singolare.
Solo per me.

lunedì 3 ottobre 2011

Ingegneria civile

Ciò che ho fatto è stato distruggere.
Con delicatezza.
Non un terremoto, uno tzunami, non la rabbia dei pugni sulla porta. Solo il lavoro di levare, di notte, il cuore alle fondamenta che tentavi di costruire. Lasciare solo un guscio vuoto, senza solidità, come un tarlo che mastica il legno dalle viscere.
Ingegneria al contrario. 
Ma non mi ha salvato dalla malinconia di vedere il nostro tempo incrinarsi e crollarci addosso. 

sabato 1 ottobre 2011

Lische

L'acqua è immobile, trasparente. Scivola sulla rena come un invito.
Siamo rimasti in pochi, qui, a spiarla mentre lentamente si scrolla di dosso il fango di un'estate troppo lunga. Non più bambini che stridono con i denti sulla sabbia e fanno strage di granchi corridori, non più madri che schiumano crema solare sulla riva.
Con un brivido di freddo sono dentro. Mi ride la pelle assetata.
Una capovolta e tutto si fa blu, allo sguardo e all'udito. Il silenzio è ovattato, rotondo di brevi sbuffi di fiato.
Lentamente lascio che l'acqua mi sbrogli i pensieri, che me li snodi dalla nuca con le sue dita gelate. Che mi cavi dal naso il passato, con un forcipe di spine di pesce e cocci di conchiglia.
Solo senza respiro mi riconosco ancora.