Pochi giorni, rubati alle incombenze della mia fuga.
E Torino mi accoglie col suo primo freddo e una luce tagliente che illumina le vie rette, infinite nel sole che acceca. E la gente per strada che sfila nei portici, trasformati in librerie all'aperto, nelle piazze divenute piccoli mercarti di ieri. E mi accolgono gli occhi gentili di chi ha capito il mio andare via e quelli severi e discreti di chi ancora non crede. E ogni sguardo è un giro di bicchieri e racconti sempre più zuppi di vino. Che non basta il telefono o due giri di posta per essere dentro la vita che hai abbandonato.
Ma è bello tornare e sapere che niente è cambiato.
Prima di andar via di nuovo.
Penso che la capacità di propriocezione si riattivi più che mai in ambiente domestico, sia che si tratti della nostra cucina in cui sappiamo a memoria dove andare a scovare il coltello che ha la punta giusta per aprire i barattoli di conserva sottovuoto, sia dei portici che abbiamo riempito coi nostri umori in anni sempre più disordinati.
RispondiEliminaE quando la percezione di noi stessi in un ambiente è troppo forte da investire meno i muscoli e più il pensiero, forse è ora di espandersi timidi altrove.
TRIPUTIN
forse hai ragione tu, andare via è un po' un riprendere a vivere con le mani.
RispondiEliminaOddio oddio odddiooooooo ma sei di Torino?
RispondiEliminahttp://unapiccolacosa.blogspot.com/2010/10/torino.html
sono di torino, ma non ci sono più.
RispondiEliminache poi, sì, è bella come la descrivi tu. nonostante il mal di grigio che prende la gente e non la molla più.
matto matto matto! il grigio è trascurabile quando hai tutto quell'oro intorno...
RispondiEliminama a me mancava il blu, che ci vuoi fare? credo sia proprio una questione di lunghezza d'onda. ecco.
RispondiElimina