giovedì 12 gennaio 2012

Autobiografia in forma di riccio

Guardo fuori. Ché la sera m'ha preso alle spalle e non mi sono accorto.
Guardo fuori e non ti ascolto. Vedo solo l'ombra del tuo capo che si muove in disappunto; dei larghi no della testa, fai, che fanno ridere con quei capelli radi e senza onda.
E dei sospiri, sento, ostentati alle mie spalle indifferenti.
Sono un bambino che non capisce le regole del gioco e che ripeterle non serve.
Potresti sfinirti nel ridire a memoria gli articoli ordinati che ti muovono la vita. Potrebbe caderti la testa a terra in quegli un due tre che citi senza requie, fino al centosessantasette. 
Io, ahimé, capisco solo di animali nascosti dentro le conchiglie, di stelle a sette braccia, di guizzi delle pinne. Capisco di onde e un poco delle pietre. Dei semi, capisco, che germogliano sotto la neve.
Altro non so del mondo. Altro non ho voglia di sapere.


[Scusate. E' stata una lunga giornata di lavoro. E non è ancora finita. Lasciatemi andare a casa. Perfavore]

4 commenti:

  1. Le giornate di lavoro, lunghe specialmente, sono deleterie. Però se sono creative, ben vengano... dai!
    smack

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  2. Un giorno ti dedicherò un post, amico sottomarino! Ciao!

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  3. @miss raw, giuro che non lo rggevo più il mio capo che mi enumerava cose. L'avrei ammazzato, a bellicapelli.

    @nora, fico. Già mi sento meglio, ora, a parlare con qualcuno che comprende di pesci.

    @lorenzo, inver sono poche cose. Ma importanti, per me.

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